Cos’è

La Leucemia Eosinofila Cronica (LEC) e le Sindromi Ipereosinofile fanno parte di un gruppo di condizioni patologiche eterogenee definibili nel complesso come disordini correlati ad un aumento della quota di eosinofili nel sangue periferico. L’incremento del numero di eosinofili viene definita eosinofilia e si associa a varie condizioni quali disordini allergici, disordini immuni, patologie gastroenteriche, patologie dermatologiche, patologie del sistema respiratorio, malattie infettive, neoplasie.
L’ipereosinofilia è una condizione patologica caratterizzata da un incremento marcato e persistente nella conta degli eosinofili, (>1500 eosinofili/mm3 confermata in almeno due controlli successivi), o da una marcata infiltrazione tissutale eosinofila (intesa come una quota di eosinofili a livello midollare >20 % della cellularità complessiva oppure un’ infiltrazione a carico di altri organi o tessuti oppure il riscontro di una spiccata deposizione di proteine eosinofile a livello tissutale).
Le Sindromi Ipereosinofile (SIE) sono quelle condizioni patologiche in cui l’ipereosinofilia come appena descritta, si associa anche a danno d’ organo correlabile all’ accumulo degli eosinofili.

 

Diffusione e fattori di rischio

Le sindromi ipereosinofile sono patologie rare il cui tasso d’ incidenza è stimato intorno allo 0,036 ogni 100.000 abitanti per anno. Sebbene l’età mediana alla diagnosi sia di 52,5 anni, sono stati descritti anche casi a esordio pediatrico con una lieve prevalenza nel sesso maschile.

 

Sintomi e diagnosi

La sintomatologia d’esordio dipende principalmente dagli organi interessati dall’infiltrazione eosinofila e dal grado di infiltrazione dei tessuti interessati. In una minoranza dei casi (variabile dal 6 al 12%), la diagnosi di SIE è occasionale per il riscontro in soggetti asintomatici di un incremento degli eosinofili nel sangue periferico.
L’eosinofilia può in tal caso essere isolata, oppure associarsi a incremento complessivo dei globuli bianchi, ad anemia e ad alterazione della conta piastrinica.
I sintomi più frequentemente presenti alla diagnosi comprendono: astenia, tosse, dispnea, mialgia, angioedema, rash cutaneo, febbre, rinite, diarrea. L’infiltrazione eosinofila può interessare anche il tessuto cardiaco (endocardio e miocardio) manifestandosi con un quadro di scompenso cardiaco.
Fondamentale all’esordio è escludere forme d’ipereosinofilia secondaria, ovvero associata a varie condizioni benigne o maligne al fine di poter effettuare un trattamento specifico della patologia responsabile. La diagnosi differenziale in tal senso comprende l’esecuzione di test parassitologici e colturali, l’eventuale valutazione di neoplasie occulte (prevalentemente carcinoma ovarico e polmonare), di patologie allergiche (ad esempio asma, rinite allergica, orticaria, reazioni allergiche a farmaci), patologie infettive ed infestazioni (più frequentemente parassitosi, ma anche tubercolosi, alcune forme di micosi), patologie del connettivo ed autoimmuni (ad esempio artrite reumatoide, Lupus Eritematoso Sistemico, polmonite eosinofila, fascite eosinofila), neoplasie ematologiche e tumori solidi (Linfoma di Hodgkin, Linfomi a cellule T, Leucemia Linfoblastica acuta). Dopo aver escluso le possibili cause secondarie, lo step successivo comprende la ricerca di una neoplasia mieloproliferativa che identifichi un quadro di iperosinofilia primitiva.  In tal caso è fondamentale l’esecuzione di una biopsia osteomidollare e la ricerca delle mutazioni geniche che si associano alle forme di neoplasie mieloidi e linfoidi associate ad eosinofilia. Queste ultime sono comprese nella nuova classificazione WHO con il nome di neoplasie mieloidi/linfoidi associate a eosinofilia e riarrangiamento dei geni PDGFRA, PDGFRB, or FGFR1 or with PCM1-JAK2. E’ fondamentale la ricerca delle suddette anomalie genetiche in quanto possibile bersaglio terapeutico.

 

Cura

Il trattamento delle sindromi iperosinofile comprende il trattamento della patologia primitiva responsabile dell’eosinofilia. Qualora fosse riscontrabile la mutazione di PDGFRα/β, vi è un’ottima risposta con rapida normalizzazione dei valori emocromocitometrici e scomparsa della sintomatologia da infiltrazione d’organo con l’utilizzo di imatinib, inibitore delle tirosino-chinasi di prima generazione. La quota di remissioni complete ematologiche, molecolari e/o citogenetiche sono infatti in tal caso superiori al 95%. Il trattamento deve essere cronico e continuativo per l’elevato tasso di recidive in caso di sospensione del trattamento. La presenza del riarrangiamento a carico del gene FGFR1 conferisce invece una prognosi sfavorevole e un’assenza di risposta a imatinib con maggior tendenza ad evolvere in malattie linfoproliferative, quali linfomi T o leucemie acute linfoidi T o B e mieloidi acute. In particolare l’evoluzione in leucemia mieloide acuta entro 1-2 anni dalla diagnosi rappresenta la storia naturale di queste condizioni patologiche, che risultano quindi meritevoli di chemioterapie intensive. Vi è infine una quota di sindromi ipereosinofile in cui non è possibile riscontrare alcuna alterazione genetica specifica o patologia causa dell’eosinofilia. In tal caso la terapia di scelta è la terapia steroidea, dimostratasi efficace nel ridurre i livelli di eosinofili circolanti e un buon controllo dei sintomi legati al danno d’organo. In caso di scarsa risposta alla terapia steroidea la scelta successiva è rappresentata dalla terapia citoriduttiva orale con idrossiurea.
In fase di sperimentazione nel trattamento di queste patologie sono gli anticorpi monoclonali: Mepolizumab, un anticorpo umanizzato monoclonale anti-IL5 che ha dimostrato efficacia nel ridurre l’entità dei sintomi costituzionali legati a danno d’organo e una minor dipendenza dagli steroidi per il mantenimento della risposta; Alemtuzumab, anticorpo monoclonale anti-CD52, che ha dimostrato efficacia in pazienti con sindrome ipereosinofila idiopatica.

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