Cos’è

La Trombocitemia Essenziale (TE) è una neoplasia mieloproliferativa cronica caratterizzata dalla  proliferazione neoplastica dei precursori midollari della linea mieloide con particolare coinvolgimento dei megacariociti, precursori piastrinici la cui proliferazione è responsabile dell’aumentata conta piastrinica nel sangue periferico.

 

Diffusione e fattori di rischio

La TE è una patologia rara la cui incidenza si assesta su 0.6-2.5 nuovi casi su 100.000 abitanti per anno. L’età mediana alla diagnosi è 50-60 anni e non vi è una prevalenza di sesso. Nella TE è inoltre riportato un secondo picco di incidenza intorno ai 30 anni e sono descritti anche casi pediatrici.

 

Patogenesi

Le cause della TE non sono attualmente note. Da un punto di vista patogenetico la malattia è caratterizzata dalla capacità delle cellule progenitrici megacariocitarie del midollo osseo di proliferare e maturare sfuggendo al controllo dei normali meccanismi antiproliferativi.
Da un punto di vista patogenetico, nel 60% dei casi di TE è riscontrabile la presenza della mutazione V617F del gene Janus Kinase-2 (JAK-2), che svolge un ruolo fondamentale nella proliferazione prevalentemente delle cellule progenitrici dei globuli rossi (eritroidi), ma anche delle piastrine (megacarocitarie) e dei globuli bianchi (granulocitarie). Nel 2013 è stata scoperta la mutazione a carico del gene CALR riscontrabile nel 25-30% delle TE. Il gene CALR codifica per una proteina coinvolta nei meccanismi di morte cellulare, con conseguente vantaggio proliferativo della cellula progenitrice in presenza della mutazione.  In una percentuale compresa tra il 2-5% è riscontrabile la mutazione del gene MPL (W515K/L). Nel rimanente 10% circa di casi non è riscontrabile alcuna anomalia genetica con le tecniche ad oggi disponibili (TE triple negative).

 

Diagnosi e sintomi

La diagnosi di TE deve essere sospettata in presenza di una conta piastrinica aumentata. Secondo la WHO del 2016 i criteri diagnostici di TE comprendono una conta piastrinica > 450.000/mmc, una biopsia osteomidollare che mostra iperplasia dei megacariociti con cellularità midollare normale per età, la presenza di una delle tre mutazioni genetiche note (Jak-2, CALR e MPL) e l’assenza di criteri diagnostici per altre forme mieloproliferaive o per forme mielodisplastiche. Fondamentale è escludere le cause di trombocitosi secondaria (es. malattie infiammatorie o infettive sistemiche, carenze marziali, neoplasie, interventi chirurgici recenti). Necessaria la valutazione del trascritto di fusione BCR-ABL1 per escludere una forma di leucemia mieloide cronica, anch’essa caratterizzata da piastrinosi all’esordio. La sintomatologia di presentazione della TE è spesso assente e la patologia viene sospettata per riscontro di piastrinosi ad esami ematici di routine. La sintomatologia eventualmente presente è correlata alla piastrinosi e ai conseguenti sintomi da iperviscosità specie nei distretti vascolari di piccolo calibro: cefalea, acroparestesie, scotomi, acufeni. Virtualmente, tutti i distretti dell’apparato vascolare possono essere interessati ma le più comuni manifestazioni sono: trombosi a carico delle arterie o delle vene mesenteriche, sindrome di Budd-Chiari (trombosi delle vene sovra-epatiche), trombosi della vena porta o della vena splenica, infarto del miocardio, trombosi venosa profonda, ictus cerebri e trombosi dei vasi retinici. In caso di presenza di piastrinosi importante (conta piastrinica > 1.500.000/mmc) si associa un difetto emostatico per acquisita alterata funzione piastrinica (von Willebrand acquisito) con conseguente diatesi emorragica cutanea e mucosa.

I pazienti affetti da TE hanno una mediana di sopravvivenza che supera i 20 anni dalla diagnosi che è analoga a quella dei soggetti non affetti di pari età e sesso. La percentuale di evoluzione a leucemia acuta è <1% a 10 anni. Le principali cause di mortalità e morbidità sono rappresentate dalle complicanze trombotiche arteriose e venose.
I pazienti ad alto rischio di eventi vascolari sono valutati mediante due score all’esordio: lo score convenzionale, che delinea come alto rischio i pazienti con età > 60 anni, precedenti eventi trombotici, conta piastrinica >1.500.000/mmc; e il più recente IPSET-Thrombosis, che valuta età > 60 anni, fattori di rischio cardiovascolari (fumo, dislipidemia, diabete mellito e ipertensione arteriosa), leucocitosi e presenza della mutazione V617F del gene Jak-2.

 

Cura

Nei pazienti giovani a basso rischio e asintomatici non è indicata alcuna terapia specifica. Nei pazienti sintomatici per sintomi da iperviscosità è indicata per ogni fascia di età la terapia antiaggregante con basse dosi di acido acetilsalicilico (100 mg die). Fondamentale al fine di ridurre il rischio vascolare la correzione dei fattori di rischio vascolari modificabili (es. astensione dal fumo, calo ponderale e dieta equilibrata). Nei pazienti ad alto rischio oltre alla terapia antiaggregante è indicata la terapia citoriduttiva per via orale con idrossiurea. Nei pazienti refrattari o intolleranti a idrossiurea, la terapia di seconda linea comprende interferone per via sottocutanea o anagrelide (previa attenta valutazione cardiologica).
Nelle pazienti in stato di gravidanza è indicata la terapia con interferone (farmaco che non oltrepassa la barriera placentare) associata alle bassi dosi di aspirina da sostituire con l’eparina a basso peso molecolare nella fase del parto e del post partum.

Nuove terapie: tra i nuovi farmaci, ancora in fase di sperimentazione, ricordiamo gli inibitori di JAK-2 e gli inibitori delle istone deacetilasi (es. vorinostat e givinostat).

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